IL PRIMO MAGGIO DI COSTANTINO MORTATI
Il numero 5 (Anno I, 1910) del Periodico
Letterario – Scientifico – Politico di S. Demetrio Corone, LA GIOVINE CALABRIA,
ospita un articolo di un giovanissimo Costantino Mortati. Il titolo è “Agli operai calabresi”. Lo si
ripropone. Come il lettore può vedere è un appassionato invito ai calabresi
alla riscossa, a rimuovere gli ostacoli che impongono al popolo della Calabria
schiavitù e restrizioni. Sono passati tanti anni da quel 1910, molte cose sono
cambiate, eppure la regione continua a essere una delle ultime, sotto vari
aspetti, dell’Europa. L’invito di Mortati ad alzare la testa è ancora più
attuale e ricco di valore civile. (Francesco
Perri)
AGLI OPERAI CALABRESI
di Costantino
Mortati*
“date anche voi l’ultimo colpo di piccone
che faccia crollare il vacillante
edificio sociale.”
Il 1° Maggio è, per quanti hanno
dedicato la loro opera all’emancipazione della classe operaia, per quanti ne
seguono con simpatia il cammino ascensionale, giorno di gaudio ineffabile; oggi
infatti tutti gli operai del mondo civilizzato, mossi dallo stesso sublime
sentimento, abbandonano concordi il lavoro ed, all’ombra dei rossi stendardi
ondeggianti all’aure della risorgente primavera, si riuniscono per notare i
progressi compiuti, per riaffermare i loro voti e le loro speranze, per
innalzare un inno fervente d’amore all’Ideale santo che li dovrà redimere. Ma
in noi, che amiamo di vero e sincero amore questa sventurata terra calabrese,
il gaudio di questo giorno è velato, la gioia è smorzata; un senso di sconforto
invade l’anima nostra al doloroso spettacolo dell’apatia del popolo calabrese
che sembra non aver coscienza dei tempi, né fede in se stesso e che per rassegnato
ai mali di cui si lagna; in Calabria, infatti, la classe lavoratrice, come ente
collettivo, non esiste, poiché non ha ancora dato nessuna seria manifestazione
di solidarietà, di armonia, di unità d’intenti.
Quando tutto l’organismo sociale si trasforma,
quando tutti i lavoratori, fatti consapevoli della formidabile potenza del
diritto d’organizzazione, si uniscono in Associazioni, che, forti pel grande
numero di soci e per la giustezza della causa che sostengono, incutono un senso
di paura e di sbigottimento nei dominatori, - quando un alito possente di vita
nova passa sulle moltitudini ed infonde loro nuovo vigore ed imprime nuovi
impulsi ad avanzare sulla gloriosa via del progresso verso una meta sublime di
giustizia e di civiltà, voi operai calabresi, giacete disorganizzati
nell’abiezione della servitù, non avete conoscenza dei vostri sacri diritti,
siete rilegati in una nullità morale veramente desolante, vivete ancora la vita
dei bruti, curve le fronti sotto la parca legge della fame.
Di quali conseguenze non è causa la
vostra disorganizzazione: l’ozioso latifondista, possessore d’immense
estensioni di terra, acquistate dai suoi antenati con la rapina e con il furto,
può impunemente lasciare per la metà incolte ed abbandonate quelle terre, che,
distribuite fra di voi e coltivate con cura e con amore, diverrebbero la più
grande fonte di ricchezza e vi permetterebbero di vivere in condizioni molto
migliori delle attuali; il capitalista vi può impunemente sfruttare rubandovi
una parte del vostro salario, vi può costringere ad un sopra-lavoro che serve
ad alimentare i suoi vizi, ad accrescere le sue ricchezze, può gettarvi sul
lastrico costringendovi a scegliere fra il delitto ed il morire d’inedia e non
ha nulla da temere da voi che siete sparsi e spesso divisi da odi e da
inimicizie.
Né basta: voi siete ancora considerati
dalle persone cosidette civili come
appartenente ad una razza inferiore, quando esse parlano con voi assumono un
tono sprezzante o vi trattano con un piglio fraternamente grossolano e non
nascondono un senso di ripugnanza quando sono costrette a starvi vicino. Ciò,
per dio, deve finire! Voi che formate la vita, la forza, la potenza della
nazione non potete, non dovete più sopportare che vi si consideri come esseri
spregevoli, non dovete più tollerare che vi si sfrutti senza pietà. Voi dovete
convincervi d’esser chiamati a ben altro che a lavorare dodici o sedici ore al
giorno unicamente per mangiare del pane nero; dovete comprendere d’aver pieno
diritto alla terra, come all’aria e all’acqua; voi dovete acquistar chiara la
nozione di una Società futura, di un’Epoca alla quale d’istante in istante ci
avviciniamo e di cui la storia, studiata nelle sue grandi linee, ci addita
infallibile l’avvenimento; voi infine dovete convincervi che la vostra
emancipazione avverrà solo quando, organizzandovi, vi metterete al livello dei
lavoratori delle regioni più evolute, avverrà solo quando vi sarete formato un
carattere.
Associazione, educazione, ecco quali
dovrebbero essere i capisaldi del vostro programma, ecco la meta a cui dovreste
tendere con assidua costante diuturna cura.
Riunitevi in un unico potente fascio. In
una grande Associazione e, deposti i piccoli odii le infeconde ire con cui
altri tenta divedervi, accorrete ad essa tutti quanti aspettate il giorno della
santa riscossa, tutti quanti siete mossi dallo stesso desiderio, illuminati da
una stessa idea, accesi da una stessa fiamma.
Ma non basta, come abbiamo detto, che vi
organizzate; bisogna anche che attendiate alla coltura dello spirito; poiché,
come ben disse un Grande, senza educazione voi non potete scegliere giustamente
fra il bene ed il male, non potete acquistar coscienza dei vostri diritti, non
potete ottenere quella partecipazione alla vita politica senza la quale non
riuscirete ad emanciparvi, non potete definire a voi stessi la vostra missione
– Perciò sarebbe necessario che in ogni sezione della vostra associazione ci
fossero delle riunioni serali nelle quali vi si dovrebbe partecipare un
insegnamento morale, vi si dovrebbero narrare popolarmente le tradizioni dei
vostri padri, vi si dovrebbero trasmettere nei loro punti salienti le vite dei
nostri grandi; ed in ogni località dovrebbe formarsi una biblioteca circolante;
ed in ogni comunità agricola, dove purtroppo i più sono analfabeti, un giovane
dovrebbe raccogliere intorno a sé i coltivatori e leggere per essi,
spiegandole, le opere migliori dei pensatori e degli economisti che hanno
consacrato il sorriso, la libertà, la vita al trionfo inevitabile della vostra
causa.
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Operai calabresi, da troppo lungo tempo
dura la vostra abiezione, da troppo lungo tempo giacete sotto il bastone
dell’oppressione; non più! Aprite gli animi affaticati alla speranza; alzate le
vostre fronti gravate del marchio del servaggio e fissate superbi gli occhi al
radioso sole dell’avvenire, che, diradate le nebbie della superstizione e
dell’oscurantismo, splende e v’irradia di sua fulgida luce; date anche voi
l’ultimo colpo di piccone che faccia crollare il vacillante edificio sociale.
Non sentite in questo glorioso primo
Maggio una voce arcana sussurrarvi alle orecchie dolci detti, parlarvi di
un’epoca futura in cui le vostre lagrime saranno asciugate, le vostre membra
riscaldate, il vostro lavoro santificato?
Dedicate al raggiungimento di questo
ideale sublime di eguaglianza e di giustizia la vostra operosità, la vostra
energia, i palpiti migliori dell’anime vostre.
Possa questo sacro giorno segnare la
data della vostra rigenerazione!
*Costantino Mortati
Agli operai
calabresi
in LA GIOVINE CALABRIA
San Demetrio Corone, 1 maggio 1910
Mi chiedo se Costantino Mortati ebbe relazioni con un altro nostro grande costituzionalista: Fausto Gullo. Da quello che scrive in questo articolo sembrerebbe quasi impossibile che i due non si incontrarono. Eppure non abbiamo nessun segno di relazioni. O, almeno, personalmente non ne ho nessuna contezza. L'autore di questo blog ha qualche notizia in più? Il mio indirizzo: peppinocurcio@gmail.com e la mia pagina fb è Peppino Curcio. Saluti
RispondiEliminaComplimenti all'Autore del blog per la pubblicazione di questa piccola perla di un giovanissimo Mortati, di altrimenti non facile reperimento.
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